Joao Carlos Galvao



Abitualmente si pensa che l'artista sia un essere avvolto nel mistero, che possieda un dono, un talento particolare, uno speciale modo di percepire le cose e di ricrearne le forme. Vediamo in lui un idolo, colui che desidereremmo essere: la maggior parte delle volte invece l'artista non si considera tale. Galvao non si ritiene un artista capace di creare un linguaggio unico nell’arte, che lo distingua dagli altri, non cerca nemmeno nella matematica o nelle geometrie tesi che vogliano svelare agli occhi del mondo ciò che l'artista stesso, e pertanto l'idolo, possiede.

No, Galvao non ha mai ricercato l'immortalità delle apparenze. Come la prima volta, aprendo gli occhi, ha percepito la luce, nel suo lavoro ha cercato di "estrarla", di riprodurla, dapprima sulla tela e poi sul legno. E' la luce che lo spinge ad essere artista, e se Galvao ha visto per la prima volta la luce il giuorno della sua nascita, così egli ci dona la possibilità di rincontrare la luce ogni volta che osserviamo una sua opera.

Se in tanti tratti si definisce l'artista come individuo spesso nervoso, irascibile, ma comunque creatore di opere formidabili, l'eccezione ne conferma l'opposto. Ecco quindi Galvao: un uomo artista e amico dell'umanità. Le porte de suo studio di Friburgo sono aperte a tutti: curiosi, emarginati, religiosi, persino ai pappagalli. Là tutto è immerso nella natura, anima palpitante del suo gesto. Osserva un tronco di legno, lo scolpisce e lo reinventa, un corpo, una forma concava, convessa, protuberanza, movimento sconnesso della modulazione ritmica.
Guardando le sue opere percepiamo fessure, incrinature, forme arrotondate. Accarezziamo dolcemente il legno con la punta delle dita e lasciamo scivolare il nostro sguardo verso il piacere delle ombre e dei volumi.